giovedì 30 maggio 2013

L'intervista buffonata di Bersani a Ballarò, di Marco Travaglio

Articolo di Marco Travaglio, in cui parla dell'intervista di Floris a Pier Luigi Bersani nella trasmissione Ballarò. Clima goliardico, come due cazzari al bar, scrive. Questo è giornalismo?

L'altra sera il giornalismo indipendente ha fatto un altro passo da gigante a Ballarò con l'intervista, si fa per dire, di Giovanni Floris a Pier Luigi Bersani. Parevano due compari che si ritrovano al bar dopo tanto tempo e il più cazzaro dei due racconta all'altro che lo voleva la Juve come centravanti, ma lui ha rifiutato perché merita ben di meglio. Solo che al bar, di solito, l'altro compare guarda il cazzaro con un misto di simpatia e commiserazione, e se è molto buono lo asseconda, altrimenti gli ride in faccia. Floris invece assisteva alle bugie di Bersani con compunta partecipazione, alzandogli lui stesso la palla per aiutarlo a mentire meglio. Così lo smacchiatore di giaguari ha potuto raccontare la favola del "governo del cambiamento" con i 5Stelle, abortito per il no di Grillo (tutti sanno che era un governo Bersani di minoranza, in cui i 5Stelle non avrebbero avuto alcun ministro e alcuna voce in capitolo sul programma, che Bersani si era premurato di preparare in anticipo: i famosi otto punti di sutura). La frottola della sua proposta ai grillino di votare Prodi al Quirinale (proposta mai fatta né in pubblico né in privato, mentre fu Grillo a proporgli pubblicamente di votare Rodotà e poi discutere di un governo insieme). La balla del no del Pd a Rodotà perché "non avrebbe avuto i voti" (e allora perché proporre Marini e Prodi, che non avevano neppure i voti del Pd, ed escludere in partenza Rodotà, che aveva già i voti dei 5Stelle e di Sel e avrebbe potuto essere eletto anche senza un terzo del Pd?). La bufala della sua disponibilità a farsi da parte (lo disse solo il 2 aprile, dopo aver ripetuto per un mese e mezzo "governo Bersani o elezioni", e poi non lo fece mai). La patacca del "sempre stato contrario al finanziamento pubblico dei partiti" (celebre il refrain della campagna elettorale:
"anche Clistene era favorevole, sennò fan politica solo i ricchi"). E via balleggiando. L'unica volta che Bersani ha detto qualcosa di vero, e cioè che sa chi sono i 101 "o forse 110" parlamentari del Pd che han tradito Prodi e il partito, ma non intende svelarli, Floris ha lasciato pietosamente cadere la questione. Meglio non metter troppo in imbarazzo l'ospite. Meglio servirgli altri assist spiritosi, tipo: "È più facile governare con Alfano o con Casaleggio?". Ah ah, zuzzurellone. Il clima è da quiete dopo la tempesta: ce la siamo vista brutta, ma ora è passata, tutto è tornato al suo posto: Grillo perde, i partiti vincono (mettono in fuga 4 elettori su 10, ma è un trionfo), i giornalisti tornano a
sdraiarsi dopo tanta paura, la cadrega è salva e si può anche riscrivere la storia a uso e consumo dei presunti vincitori. È lo stesso clima che si respira nei giornali, che celebrano il record dell'astensionismo con titoli virili del tipo "Una domanda di governo" (Corriere ), "Il riscatto dei partiti" (Repubblica ), "Il voto sveglia la sinistra" (l'Unità). Anche gli onanisti di twitter si scatenano. Il neomartire Pigi Battista (Grillo l'ha insultato per
le balle che scrive, dunque tutti solidali, mentre chi viene insultato da Battista non merita nulla) cinguetta: "Per Ingroia l'anno della catastrofe: arrestato il suo pataccaro
Ciancimino jr.". Strana esultanza, da parte di uno che passa il tempo a travestire da Tortora qualunque potente arrestato o inquisito. Figurarsi se avessero ingabbiato uno a scelta fra i suoi editori evasori: pianti a dirotto e alti lai contro le manette facili e l'accanimento delle toghe cattive. Trattandosi invece di Ciancimino, viva la garrota. Peccato che il primo a far arrestare Cincimino per calunnia e porto di esplosivi sia stato proprio Ingroia, che poi lo fece rinviare a giudizio per minaccia a corpo dello Stato e concorso esterno. E peccato che l'arresto per evasione fiscale non c'entri nulla con la
veridicità o meno di quel che Ciancimino ha detto sulla trattativa e dei 50 documenti che ha prodotto (già autenticati dalla Scientifica). Queste cose le sanno tutti i giornalisti, anche i meno dotati. Dunque non Battista.

di Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano

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